Specializzato in psicoterapia cognitiva

Psicologo Psicoterapeuta

Ricevo a Legnano

Psicologo Psicoterapeuta

Ricevo a Legnano

Chi sono

Sono psicologo psicoterapeuta laureato presso l’università di Padova nel 2004 e specializzato in psicoterapia cognitiva nel 2011 presso il centro di terapia cognitiva di Como (scuola di psicoterapia riconosciuta dal MIUR ai sensi dell’art. 3 della legge 56 del 18-02-1989) – Ricevo nella città di Legnano. Continua a leggere

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COMPETENZE
FAQ - DOMANDE PIU' FREQUENTI
COS'E' LA PSICOTERAPIA COGNITIVA COSTRUTTIVISTA?

 

La psicoterapia cognitiva costruttivista si focalizza sul modo in cui le persone costruiscono il loro mondo interno, dando significato a stimoli e situazioni. Questo approccio terapeutico esamina i comportamenti, i processi cognitivi ed emotivi che influenzano la percezione di eventi considerati problematici. Come psicologo, ho osservato che questo tipo di terapia è fondamentale per aiutare i pazienti a esplorare e comprendere i propri pensieri e sentimenti, spesso radicati in esperienze passate.

 Interpretazione della realtà

Uno dei concetti chiave è che non possiamo conoscere la realtà in modo oggettivo. La nostra percezione del mondo è filtrata attraverso il nostro vissuto, le nostre emozioni e il nostro sistema di pensiero. Ogni individuo, infatti, attribuisce significati differenti agli eventi quotidiani. Per esempio, uno sguardo può essere interpretato come amichevole o minaccioso, a seconda della nostra predisposizione emotiva e delle esperienze passate. Questo sottolinea l’importanza di considerare il contesto personale di ogni paziente durante la terapia.

 Cosa fa il terapeuta

Il ruolo del terapeuta in questo approccio non è quello di fornire una visione del mondo “corretta” o “superiore”. Non esiste una verità assoluta che il terapeuta debba imporre. Invece, il compito è aiutare i pazienti a esplorare e comprendere le motivazioni dietro le loro interpretazioni della realtà. Questo processo di esplorazione consente di sviluppare una maggiore consapevolezza e di adottare nuove prospettive che possano favorire il benessere psicofisico.

 Relatività dei giudizi di valore

Un principio fondamentale della psicoterapia cognitiva costruttivista è che non esiste un giudizio di valore universale. Ciò che è giusto o sbagliato dipende dalle valutazioni personali e dalle circostanze uniche di ogni individuo. Pertanto, ogni modo di vedere o interpretare la realtà è valido se porta alla realizzazione degli obiettivi personali e al raggiungimento di uno stato di serenità e benessere. Questo approccio non giudicante è essenziale per creare un ambiente terapeutico sicuro e accogliente, dove i pazienti si sentono liberi di esplorare le proprie credenze e sensazioni senza timore di essere criticati.

 Obiettivo: benessere psicofisico

Il fine ultimo della psicoterapia cognitiva costruttivista è aiutare i pazienti a raggiungere un benessere psicofisico ottimale. Questo implica non solo la riduzione dei sintomi psicologici, ma anche la promozione di un senso di equilibrio e soddisfazione nella vita quotidiana. Attraverso la comprensione e la rielaborazione dei propri schemi cognitivi, i pazienti possono sviluppare nuove strategie per affrontare le difficoltà e migliorare la qualità della loro vita.

 

Bonus Psicologo 2022 - Come accedere

Il bonus psicologo è un contributo offerto dall’INPS per andare incontro alle ripercussioni psicologiche dovute alla pandemia Covid-19.

Sono frequenti infatti stati di stress, ansia, depressione, condizioni di debolezza socio-economica

 

Trovate qui le indicazioni di cosa è e di come chiedere il bonus psicologo:

 

https://www.inps.it/prestazioni-servizi/bonus-psicologo-contributo-per-sostenere-le-spese-relative-a-sessioni-di-psicoterapia

 

Perché sto male? Qual è il mio reale problema?

Ci si trova a disagio nel proprio contesto di vita, non si trova il migliore adattamento, si vorrebbe conoscere le reali motivazioni delle proprie azioni.

COSA SIGNIFICA DISAGIO

Stare male, o a disagio, non vuole dire essere malati o rientrare nelle categoria dei pazzi. Può capitare a tutti infatti di attraversare periodi di vita in cui mettiamo o ci vengono messi in dubbio le nostre certezze, punti di riferimento. Si fatica a comprendere quali possono essere i propri reali pensieri, emozioni-sensazioni o reali motivazioni.

E’ possibile riscontrare difficoltà ad accettare gli aspetti della propria personalità, che giudichiamo “anomali”, magari solo perché non coincidono con ciò che vorremmo per  noi, o con ciò che avvertiamo che gli altri si aspettano da noi: percepiamo una distanza fra ciò che siamo e ciò che vorremmo essere, con conseguente sensazione di inadeguatezza che spesso è alla base del disagio o della sofferenza

A volte è possibile imbattersi in momenti in cui avvertiamo una “dissonanza” tra nostro modo di sentire e  la realtà della vita di tutti i giorni.

Nella nostra società le emozioni in generale vengono scoraggiate, dal momento che ”essere emotivo è diventato sinonimo di instabile e squilibrato” (Erich Fromm). Ogni nostra azione invece è strettamente legata alla sfera emotiva ed affettiva,  tanto che non è possibile pensare e vivere senza emozioni.

Tutti noi cerchiamo continuamente di comprendere qual è il nostro pensiero, in relazione a quello degli altri o a quello del mondo e questa comprensione guida le nostre azioni del momento e ci porta a programmare il futuro sia a breve che a lungo termine.

COMPRENSIONE DI SE’

La metafora dell’uomo scienziato (Kelly), ogni individuo ha la propria visione del mondo (teoria personale), si crea le proprie aspettative su ciò che accadrà (ipotesi) e il comportamento che ne consegue è un continuo esperimento e messa alla prova di queste aspettative.

Il disagio psicologico può derivare quindi dalla mancata o difficile comprensione di ciò che accade in noi o intorno a noi e dalla non realizzazione delle nostra aspettative.

“Io penso che questa concezione dell’uomo, espressa dal

paradigma dell’uomo scienziato, e viceversa, significhi che la

spiegazione ultima del comportamento umano risiede

nell’esame delle imprese dell’uomo, nelle domande che si

pone, nelle linee d’indagine a cui dà origine e nelle strategie

che adotta, anziché nell’analisi della configurazione logica e

nell’impatto degli eventi con i quali si scontra” (Kelly, 1969)

Perché andare dallo psicologo?

E’ normale nella nostra vita affrontare momenti di difficile gestione, durante i quali non si riesce a trovare facilmente una via di uscita. Può essere utile vedere questi momenti come una finestra sul nostro mondo interiore, che ci richiede attenzione e ascolto al fine di poter cambiare per gestire al meglio la difficoltà.

Si può uscire dalle difficoltà da soli?

E’ frequente pensare che in questi casi ci si possa aiutare da soli, che ci conosciamo già e che nessuno può conoscerci o capirci meglio di quanto facciamo già noi stessi. Si fa appello a strumenti di self-help, raccogliendo informazioni da internet, dai blog, da libri o anche solo parlando con gli amici.

Questi strumenti tuttavia non sono sempre risolutivi e spesso ci sembra addirittura di andare incontro ad un corto-circuito, di non trovare le risorse o le risposte ai dubbi che ci poniamo.

Si rischia che aumenti il senso di frustrazione per le difficoltà a trovare soluzioni: si può facilmente cadere nella rassegnazione e pensare che il cambiamento non è possibile o non è necessario.

Rivolgersi ad uno psicologo

Un professionista, con le sue competenze, esperienza e metodologia, ci può accompagnare a trovare le risorse per comprenderci meglio e fronteggiare le difficoltà.

Rivolgersi ad uno psicologo non significa arrendersi, non è segno di debolezza e non vuol dire essere pazzi. E’ anzi un momento che ci concediamo per dare ascolto al nostro bisogno di affrontare il disagio, per riconoscerlo come tale, accettarlo,  conoscerlo in tutte le sue sfaccettature e superarlo.

E’ una forma di responsabilità verso sé stessi, il primo passo nell’accettazione e riconoscimento di ciò che viviamo come limite. Si può ritrovare il desiderio di affrontarlo e la forza di parlarne per superarlo o per conviverci al meglio.

Invito a leggere questo articolo per approfondire i criteri nella scelta di uno psicologo.

Qual è il momento di rivolgersi allo psicologo? "Sono un matto se vado dallo psicologo?"

Le difficoltà emotive che ci accompagnano possono influenzare e condizionare la qualità della nostra vita, dei rapporti sociali, amicali ed affettivi.
Spesso se non affrontate, queste determinano una limitazione del nostro potenziale, che non riusciamo ad esprimere completamente.

Trovare i nostri punti di riferimento

Può essere quindi il momento di rivolgersi ad uno psicologo, che può aiutare a ritrovare i propri punti di riferimento.

Lo stereotipo comune indica che andare dallo psicologo vuol dire essere malati o avere “qualche rotella fuori posto“. Riconoscere invece che non si hanno le risorse o le energie per affrontare da soli le difficoltà è segno di coraggio e senso di responsabilità verso se stessi.

“Non possiamo risolvere un problema con la stessa mente che lo ha generato” (A. Einstein).

Il ruolo dello psicologo e un nuovo punto di vista

Siamo soliti vedere la realtà solo sotto un determinato punto di vista, quando si rende talvolta necessario vederla anche sotto altre prospettive, che sono alla nostra portata, ma che non riusciamo a individuare. Per esempio possiamo vedere un foglio bianco, che sembra non sia degno di attenzione, ma è sufficiente girarlo o guardarlo da una posizione e/o prospettiva diversa per accorgersi che è scritto, oppure disegnato, oppure colorato. Può quindi darci qualche informazione, farci capire qualcosa che non è immediatamente visibile: è sufficiente guardarlo come non siamo soliti vederlo o come non sappiamo di poterlo vedere.

Ci si può accorgere che la realtà assume anche aspetti differenti magari anche più facili da fronteggiare, che non riuscivamo o che ci sembrava meglio non focalizzare.

In questo senso lo psicologo può solo assumere il ruolo di facilitatore di cambiamento, che sarà la persona stessa ad attuare con le proprie modalità, i propri tempi e capacità.

Proprio in questo  momento di pandemia Covid-19 molte persone vivono disagio dovuto alla solitudine, alla paura di ammalarsi e all’incertezza economica.

Cos’è la psicoterapia?

La psicoterapia è un percorso rivolto al miglior ritrovamento del benessere psicologico, che è da intendersi come l’equilibrio fra emozioni e gli aspetti cognitivi.

Benessere psicologico

L’assenza di benessere è da intendersi come uno “sbilanciamento” fra le due parti, per il quale non si è in grado di fare riferimento alle proprie risorse. Può essere quando si sentono forti emozioni, senza comprenderne la causa e come è possibile farle diminuire d’intensità.

E’ possibile parlare per esempio della rabbia o della paura, che il più delle volte si manifestano in modo disturbante, senza riuscire a spiegarle.

La psicoterapia si pone quindi di comprendere quale parte è in eccesso e quale è carente. Si accompagna la persona a comprendere questo disequilibrio, e a trovare le risorse che aiutano a compensare il disagio.

Si cerca di individuare la parte emotiva disturbante e di compensarla attraverso la ricerca di una spiegazione di ciò che accade nella vita di tutti i giorni.

Questo è possibile sostenendo la persona lungo un percorso che la porterà a ripensare alla propria storia di vita, ai rapporti con le proprie figure di riferimento e alle difficoltà vissute.

Di seguito un approfondimento per comprendere in cosa consiste il mio orientamento di psicoterapia cognitiva

Posso stare meglio? Come?

E’ necessario riconoscere il bisogno di chiedere aiuto con la disponibilità di mettersi in discussione, assumendosi la responsabilità di orientare consapevolmente la crescita personale. Ci si offre l’opportunità di incontrare i propri limiti e di riconoscerli. E’ possibile quindi individuare le risorse necessarie ad affrontare  le situazioni che creano difficoltà e rendono faticosa l’espressione di ciò che possiamo e vogliamo essere.

Affidarsi ad uno psicoterapeuta non vuol dire ammettere la sconfitta delegando all’altro il compito di risolvere il problema.

Obiettivo della psicoterapia

La psicoterapia giunge ad un buon esito, non quando si giunge alla “guarigione” (non si cura alcuna malattia), ma quando la persona ritrova i mezzi, strumenti e risorse personali che gli consentono di affrontare le difficoltà nel momento in cui si presentano. Ciò consente di ritrovare un proprio equilibrio e di fare pace con sé stessi.

L’aspetto delle cose varia secondo le emozioni; e così noi vediamo magia e bellezza in loro, ma, in realtà, magia e bellezza sono in noi (Kahlil Gibran).

Cos’è il mio disagio?

Il Significato del Disagio Psicologico: Comprendere per superarlo

Il disagio psicologico è un fenomeno complesso che spesso viene percepito come un ostacolo da superare a tutti i costi. Tuttavia, una visione più profonda rivela che il disagio è, in realtà, un mezzo attraverso il quale l’individuo cerca di mantenere il migliore equilibrio possibile, sebbene con un alto dispendio di energie e risorse. Questo malessere non deve essere visto come qualcosa da eliminare, ma piuttosto da comprendere.

Il Ruolo del Disagio

Il disagio funziona come un campanello d’allarme, un segnale che ci avverte della presenza di un problema nel nostro equilibrio interno. Esso indica che qualcosa necessita di attenzione e possibili modifiche per raggiungere un miglior stato di benessere. Ad esempio, le fobie rappresentano un meccanismo di difesa: gli evitamenti fobici, pur limitando la libertà, permettono all’individuo di gestire le proprie ansie e paure.

Comprendere il Disagio

La chiave per gestire il disagio sta nella sua comprensione. Nel contesto della terapia, è possibile esplorare le ragioni per cui questo malessere si manifesta e il ruolo che esso ha assunto nella vita dell’individuo. Il percorso terapeutico aiuta a svelare il senso del proprio disagio, permettendo di identificare le motivazioni profonde e, successivamente, costruire modi d’essere alternativi che siano meno dispendiosi e più funzionali.

Il Percorso di Terapia

Durante la terapia, il paziente è guidato a scoprire e sperimentare nuovi modi d’essere. Questi nuovi approcci possono risultare più funzionali e meno dispendiosi rispetto ai vecchi schemi di comportamento. Il terapeuta aiuta il paziente a esplorare queste alternative, sostenendo la transizione verso un equilibrio psicologico più sano.

Il Disagio come Opportunità

Il disagio, quindi, assume il ruolo di una porta d’ingresso verso una comprensione più profonda di sé. Esplorare il significato e la motivazione dietro il malessere permette all’individuo di trasformare il disagio in un’opportunità di crescita personale. Attraverso questa comprensione, è possibile costruire una vita più equilibrata e soddisfacente.

In sintesi, il disagio psicologico non è un nemico da combattere, ma un alleato da comprendere. Con l’aiuto della terapia, è possibile decifrare il messaggio del proprio malessere e trovare nuove strade per il benessere emotivo e psicologico.

Costi della psicoterapia? Soldi, tempo, emotività

E’ possibile dare una prima risposta sbrigativa a questa domanda dicendo che l’onorario è di 60 € a seduta, ma sono solito a fornire una risposta più articolata durante il primo colloquio che è gratuito.

Primo colloquio

Il primo incontro è un momento di conoscenza reciproca che serve alla persona per esprimere la  motivazione che l’ha portata a intraprendere eventualmente un percorso di psicoterapia e di conoscenza di sé stessa…. ma è soprattutto un momento in cui lo psicologo si fa conoscere, presenta il proprio orientamento di psicoterapia, valuta se si ritiene in grado di accompagnare la persona ad affrontare il proprio problema.

E’ la prima occasione da cui può nascere un abbozzo di senso di fiducia verso la terapia e più nel dettaglio verso la figura del terapeuta; è possibile valutare quali sono le nostre effettive motivazioni ad intraprendere una psicoterapia, dovendo sostenere i costi che non sono solo di tipo economico, ma sono anche di tempo e di emotività.

Obbiettivo della psicoterapia

Si propone infatti una maggiore comprensione di sé e come tale è necessario acquisire nel tempo una nuova capacità di osservarsi, di capirsi e di uscire dagli automatismi che si mettono in atto senza saperne il perché e senza magari neanche volerlo.

Non è possibile stabilire a priori i tempi necessari per portare avanti e concludere questo processo, che talvolta potrebbe anche essere faticoso emotivamente, dal momento che possono emergere pensieri, ricordi o consapevolezze, che fino ad un certo punto della nostra vita ci è sembrato meglio non guardare o ricordare.

Durata della psicoterapia

La psicoterapia non ha una durata prestabilita, ma dipende dai  tempi del paziente, che non viene forzato, ma che è rispettato nel suo modo di agire e nelle sue tempistiche. Il terapeuta è colui che può accompagnare a individuare altre direzioni, che solo il paziente può eventualmente provare ad intraprendere se vuole, come e quando vuole.

Come scegliere lo psicologo giusto

In genere, quando si arriva a porsi questa domanda, si sente il bisogno di farsi aiutare da un professionista. C’è invece chi è ancora in uno stadio di dubbio, chiedendosi perché andare da uno psicologo.

La scelta dello psicologo

Spesso le persone non sanno quali sono i criteri che portano a scegliere il giusto psicologo per le proprie difficoltà.

Ritengo che non esista lo psicologo giusto o sbagliato, ma lo psicologo con il quale si instaura un buon rapporto terapeuta-paziente, basato innanzitutto sul senso di sicurezza, sulla fiducia, sull’empatia e sul rispetto.
Il primo colloquio è importante perchè può essere una prima valutazione di massima di questi elementi, ed è per questo che può essere un primo colloquio di conoscenza gratuito.

La psicoterapia è un percorso durante il quali è il paziente a stabilire quando, come e se toccare determinati argomenti.

Modus operandi dello psicologo

E’ importante quindi che lo psicologo, con grande delicatezza, rispetti i tempi e il modo d’essere del paziente. Fattori fondamentali sono l’ascolto del paziente e lo “stare sul paziente”, mettendolo al centro dell’attenzione, senza forzarlo, ed astenendosi da qualsiasi giudizio (già tutto il giorno possiamo sentirci sotto osservazione e giudizio da parte degli altri e non abbiamo bisogno di temere un’ennesima valutazione).

Si presta attenzione quindi a come  la persona si racconta, cosa dice di sé, con quale atteggiamento lo fa.

Si ascolta sia il linguaggio verbale, che il linguaggio non verbale, costituito da espressioni facciali, tono della voce, atteggiamento posturale, velocità dell’eloquio, facilità/difficoltà ad affrontare determinati argomenti.

Svolgimento della psicoterapia

L’obiettivo della psicoterapia  consiste nell’accompagnare la persona a saper riconoscere il proprio disagio, e comprendere come funziona per poterlo gestire; non si tratta di eliminare il sintomo, ma di comprenderne il significato.

Il paziente è l’unico esperto di sé stesso, nel senso che è lui che possiede già conoscenza di sé, che comunque non riesce a vedere: con la psicoterapia può acquisire la capacità di ascoltarsi e raccontarsi, ricostruendo la propria storia.

Il terapeuta non dà consigli, dal momento che riceviamo già numerosi consigli da coloro che abbiamo intorno (amici, colleghi, televisione, famigliari…), ma aiuta la persona a comprendere quale può essere la strada migliore per lui.

Ritornando alla domanda iniziale, non esiste il terapeuta perfetto, che possiede qualità che lo rendono migliore degli altri, ma è fondamentale individuare la relazione terapeutica nella quale trovare il senso di sicurezza di cui abbiamo bisogno per intraprendere un delicato percorso di conoscenza personale.

Cos’è la neuropsicologia?

La neuropsicologia è la disciplina che studia i processi cognitivi e comportamentali che sono in stretta correlazione con le strutture del cervello.

Cos’è la cognizione

Il presupposto di base è l’organizzazione modulare del cervello, per la quale ogni funzione cognitiva è governata da una specifica area del cervello (modulo cerebrale); i processi cognitivi più complessi derivano dall’interazione di più moduli.

L’intelligenza è da considerarsi infatti come una proprietà dinamica della mente, come qualcosa che non è immutabile, ma bensì può essere modificato. L’obbiettivo consiste nell’accrescere la consapevolezza del soggetto dei propri processi mentali, al fine di modificarli.

Diagnosi

Si esegue una diagnosi neuropsicologica per individuare le singole funzioni cognitive danneggiate o il singolo componente della funzione cognitiva che può essere compromesso in seguito a danni cerebrali; parimenti il deterioramento cognitivo può essere riconducibile a invecchiamento normale o patologico della massa cerebrale.

Riabilitazione

E’ possibile in seguito dare inizio ad un processo di riabilitazione aiutando il paziente ad adottare le strategie cognitive e comportamentali che possono diventare lo strumento per compensare al meglio le mancanze rilevate in sede di diagnosi. Questo avviene tramite training-esercizi di memoria, ragionamento, attenzione…

Si lavora in stretta collaborazione con neurologi e si esegue la diagnosi attraverso uno screening delle funzioni cognitive tramite l’utilizzo di test neuropsicologici, al fine di valutare il funzionamento delle funzioni che risultano compromesse (es.: linguaggio, attenzione, percezione, memoria, prassia).

AMBITI DI INTERVENTO
Demenze senili

Le  demenze sono una condizione di disfunzione cronica e progressiva delle funzioni cerebrali che determina un declino delle facoltà cognitive.

Cos’è la demenza

E’ un disturbo acquisito con base organica della memoria e coinvolge almeno una delle funzioni intellettive quali pensiero astratto, capacità critica, linguaggio, orientamento spazio-temporale, con la conservazione della coscienza vigile; si associano disturbi comportamentali e la progressiva perdita di autonomia nello svolgimento delle abituali attività della vita quotidiana. Generalmente al disturbo di memoria infatti si  accompagna uno stato di confusione per il quale il paziente può non riconoscere le persone (anche i propri familiari) o i luoghi abituali e gli oggetti di uso comune, che talvolta non riesce ad usare correttamente.
A questo quadro di compromissione cognitiva si associano spesso alterazioni dell’umore e/o del comportamento quali:

  1. ansia e/o agitazione
  2. depressione,
  3. facile irritabilità e/o aggressività
  4. disturbi del sonno
  5. attività afinalistica: cioè senza uno scopo preciso (wondering: bisogno compulsivo di camminare)
  6. disinibizione

Persona con demenza

Il malato  può avere consapevolezza dei propri deficit e reagisce assumendo atteggiamenti di chiusura o di depressione. Spesso tuttavia non si rende conto delle difficoltà che incontra nello svolgimento delle normali attività della vita quotidiana e si comporta come se non avesse alcuna compromissione della propria autonomia, con relativi rischi (es.: dimenticanze, smarrimenti anche in luoghi conosciuti…). Ne conseguono possibili atteggiamenti aggressivi nel momento in cui qualche famigliare cerca di attuare un controllo protettivo nei suoi confronti.

Famiglia di una persona con demenza

Le malattie degenerative non influiscono solo sul paziente, ma diventano spesso malessere dell’intero sistema familiare. Sono i familiari coloro che soffrono del notevole carico assistenziale che si rende necessario. Al momento dell’esordio della forma di demenza, il familiare ne risente a livello emotivo (parziale “perdita” del proprio caro), sociale (avviene spesso una chiusura del familiare con la possibile riduzione della ricerca di contatti sociali), fisico (in termini di stanchezza e tensione nervosa).
Può non conoscere quale “nuova” modalità può assumere per entrare in relazione al meglio con il malato e con le sue manifestazioni comportamentali. Subentrano spesso emozioni di ansia, rabbia o colpa, che si presentano con maggiore intensità nel momento in cui si opta per la scelta di affidare il proprio caro ad un ricovero.

L’intervento con il famigliare si pone l’obbiettivo di allentare il livello di stress, migliorando quindi anche la qualità di vita sua e del malato.

Stress

Tutti possiamo essere sottoposti, almeno in certi periodi della nostra vita, a fattori di stress, ma ci si può chiedere per quali motivi alcuni individui lo soffrano più di altri e come possa presentarsi come problema.

Cos’è lo stress

Lo stress può essere letto come una risposta alla stimolazione ambientale per risolvere problemi o fronteggiare delle urgenze, al fine della ricerca del migliore adattamento alle singole situazioni. Può quindi essere una normale risposta fisiologica adattativa, che attiva le risorse personali per fronteggiare le problematiche, che si presentano con una certa urgenza.
E’ molto diffuso e si può assimilare allo stato emotivo dell’ansia avendo in comune molti canali fisiologici che vengono attivati.

Stress disturbante

Per valutare quanto e come disturbante sia per la persona, si deve considerare l’aspetto quantitativo, valutando:

  • quanto perdura nel tempo,
  • se determina disturbi somatici (ulcere gastriche, dolori psicosomatici )
  • o sintomi psicologici (fra cui l’ansia).

L’alto livello di attivazione psico-somatica può inoltre indebolire il sistema immunitario  rendendo l’organismo maggiormente vulnerabile alle malattie.
Attraverso un rapporto di consulenza psicologica, si può individuare la risposta e cercare le strategie, specifiche per il singolo soggetto, per giungere alla migliore gestione dello stress.

Depressione

La depressione può essere intesa come una reazione normale agli eventi di vita “avversi”, ma diventa disturbo in relazione alla sua durata nel tempo a alla sua intensità.

I volti della depressione

Il termine depressione ha un significato molto ampio, che può includere diversi risvolti quali :

  • sensazioni di tristezza e scoraggiamento, mancanza di speranza
  • sensazioni di essere “spenti”, svuotati da sentimenti e interessi per ciò che prima ci motivava (hobby, desiderio di frequentare amici)
  • particolare enfasi a ciò che si percepisce come dolori e malesseri.
  • eccessiva rabbia, con relativi scoppi d’ira
  • Sensazione di non aver alternative di vita .

Sintomi

I più evidenti ci sono:

  1. abbassamento piacere e desiderio sessuale,
  2. variazioni delle abitudini del sonno: insonnia o un “sonno senza riposo”, con conseguenti stanchezza, senso di debolezza e affaticabilità
  3. senso di colpa, che si accompagna a continui autosvalutazione e auto-rimproveri.
  4. Cambiamento delle abitudini alimentari:
    • Mancanza di appetito,
    • aumento dell’appetito, che determina la ricerca di particolari alimenti
  5. autosvalutazione può aver effetto anche nel non prendersi cura di sè, del proprio modo di vestire o di presentarsi agli altri o della propria igiene personale, con frequente esclusione dalla vita sociale
  6. difficoltà di concentrazione o difficoltà decisionale.

Spesso si riscontrano difficoltà nel rendersi conto che si può chiedere aiuto e che è possibile essere curati.. Il primo passo quindi è percepire il proprio malessere, che spesso viene trascurato o sminuito.

Dipendenze

La dipendenza è la “condizione psichica e a volte anche fisica, derivante dall’interazione tra un organismo vivente ed una sostanza tossica, caratterizzata da risposte comportamentali e da altre reazioni, che comprendono sempre un bisogno di assumere la sostanza in modo continuativo o periodico, allo scopo di provare i suoi effetti psichici ed evitare il malessere della sua privazione” (Organizzazione Mondiale della Sanità).

La persona continua ad assumerla anche in presenza di problemi significativi correlati ad essa.

Dipendenza senza sostanza

Negli ultimi 20 anni sono insorte nuove forme di dipendenza “senza sostanza”, che sono rappresentate da attività socialmente accettate, che non sono motivo di immediata preoccupazione né nell’individuo che ne è vittima né tra i suoi familiari. Non sono presenti quindi l’uso e l’abuso di sostanze, ma comportamenti e relazioni disfunzionali e problematici riferiti ad oggetti, attività, stili di vita, che vengono praticati in modo compulsivo. Le forme di maggiore rilevanza sono :

  1. Dipendenze da Internet: sesso virtuale o pornografia, social network, ricerca ossessiva di informazioni, coinvolgimento in giochi virtuali o di ruolo, gioco d’azzardo o shopping on-line
  2. Dipendenza da lavoro
  3. Shopping compulsivo
  4. Gioco d’azzardo patologico
  5. Dipendenza da esercizio fisico.

Dipendenze quotidiane

Si parla di dipendenze comportamentali o di nuove dipendenze, che sono caratterizzate da:

  1. a) sensazione di impossibilità a resistere all’impulso di mettere in atto il comportamento (compulsività);
  2. b) sensazione crescente di tensione che precede immediatamente l’inizio del comportamento (craving);
  3. c) piacere o sollievo durante la messa in atto del comportamento;
  4. d) percezione di perdita di controllo;
  5. e) persistenza del comportamento nonostante la sua associazione con conseguenze negative.

Conseguenze

  1. dispendio di tempo ed energie per cui la propria vita viene organizzata al solo fine di potervi impiegare un periodo tempo sempre maggiore,
  2. perdita di interesse rispetto ad altre attività ed alle relazioni umane
  3. modificazioni del tono dell’umore
  4. alterazione dei riferimenti temporali
  5. alterazione del ritmo sonno-veglia
  6. eventuali problemi fisici relativi all’attività svolta

    Un aiuto dalla psicoterapia

    In questo contesto si può essere aiutati a superare sia i comportamenti di dipendenza da sostanze, che forme di dipendenza “senza sostanza”. Si rende necessaria l’attenta analisi del significato che rivestono in un certo periodo della vita al fine di favorire la comprensione dei meccanismi che ne consentono il mantenimento nonostante la presenza di conseguenze negative.

    Si prepara così il terreno per il successivo approfondimento dell’intervento psicoterapeutico volto ad acquisire la consapevolezza in merito alle cause ed alle conseguenze dei comportamenti negativi favorendo l’autostima, maggiore capacità di gestione del tempo, maggiore resistenza all’impulso all’azione ed abilità nell’affrontare situazioni di vulnerabilità.

Autostima

L’autostima è l’immagine che si ha di sé, la valutazione delle proprie capacità; aver una buona autostima aiuta ad affrontare serenamente la vita quotidiana e le relative difficoltà.

Ruolo dell’autostima

Quando si possiede un buon giudizio circa le nostre abilità è più alta la probabilità di impegnarsi, ottenere un buon risultato finale favorendo quindi un apporto positivo alla nostra autostima.

Si comprende quindi come sia proprio un circolo virtuoso per il quale, se la persona reputa di non essere capace di fare qualcosa, può avere una bassa motivazione a cimentarsi nel raggiungere un obbiettivo e quindi sarà bassa la probabilità di un esito positivo, innescando pensieri a cascata come “la vita non potrà cambiare… non ho l’umore adatto…”.

Come intervenire sull’autostima

L’autostima non è un qualcosa di statico, bensì è in continua evoluzione, alla ricerca di conferme o dinieghi. Si modula in base a ciò che si interpreta come successo, mancato successo o insuccesso.

E’ possibile aumentare la nostra autostima tramite l’impegno che può essere indirizzato in modo diverso, o nel mettersi in gioco, o rileggendo diversamente ciò che si può aver interpretato come errore o ancora programmando obbiettivi futuri realizzabili.

Capita spesso che siamo noi stessi che mettiamo impedimenti a mantenere un adeguato livello di autostima e di auto approvazione.

Attacco di panico

E’ presente un alto livello di ansia e talvolta subentra anche la paura di morire. E’ immobilizzante e vi è una ricerca di aiuto o comportamenti di evitamento delle situazioni che si reputano essere causa del malessere.

Come si presenta

L’attacco di panico si presenta in modo inaspettato e intenso. Si avvertono sensazioni fisiche fastidiose: giramenti di testa, vertigini, palpitazioni, tremore, sudorazione, vampate di caldo, sensazioni di svenimento o di soffocamento.

Come si reagisce

La persona fatica ad accettare e comprendere che i sintomi fisici siano in realtà di origine psicologica e sorge la paura che l’attacco di panico si presenti nuovamente.

Si crea cioè ciò che può essere definita come la “paura della paura”. Diventa infatti una costante preoccupazione di evitare qualunque situazione in cui si possa ripresentare l’evento.

Psicoterapia

Ci si può chiedere di cosa abbiamo realmente paura? …cosa si nasconde dietro alla paura? …come gestire la paura?

Disturbi alimentari

I disturbi alimentari sono la conseguenza di un difficile rapporto con il cibo, che può diventare l’elemento centrale della vita quotidiana, su cui si esercita un eccessivo controllo o al contrario un non-controllo.

Anoressia, bulimia, obesità

Solitamente la persona ha un’immagine distorta del corpo e i disturbi alimentari diventano forme di dipendenze dal cibo, che assume un significato che va oltre il semplice nutrirsi o il normale gustare gli alimenti.

Obbiettivo della psicoterapia

L’obbiettivo dell’intervento psicoterapeutico consiste nell’aiutare a comprendere il reale significato delle abitudini alimentari e quindi delle motivazioni che ne sono alla base; si aiuta quindi a raggiungere un miglior rapporto di benessere con sé stessi e con il proprio corpo sciogliendo i conflitti presenti in noi.

Non si punta direttamente alla perdita di peso, o all’acquisizione di peso, perché non è solo in questi termini che la persona può stare meglio.

Disturbi di personalità

Relazione con sé stessi e gli altri

Ognuno è caratterizzato da un proprio modo di percepire sé stesso e gli altri; ne conseguono quindi particolari modalità di relazione.

E’ presente un disturbo di personalità nel caso in cui questa modalità si discosta dal pensiero della cultura cui si appartiene e il soggetto ha la caratteristiche di essere particolarmente rigido,  poco flessibile ed immutabile nel tempo.

Un disturbo di personalità può essere caratterizzato da manifestazioni di eccessiva eccentricità o emotività, impulsività, imprevedibilità, o anche ansia e paura.  Il disagio e la sofferenza presentati sono riguardevoli ed investono tutti i contesti di vita.

Tipi di disturbo

I disturbi di personalità sono:

  1. Disturbo Paranoide: sfiducia e sospettosità (le motivazioni degli altri vengono interpretate come malevole)
  2. Disturbo Schizoide: distacco dalle relazioni sociali e gamma ristretta di espressività emotiva
  3. Disturbo Schizotipico: disagio acuto nelle relazioni strette, distorsioni cognitive o percettive, ed eccentricità nel comportamento
  4. Disturbo Antisociale: inosservanza e violazione dei diritti degli altri
  5. Disturbo Borderline: instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e degli affetti, e marcata impulsività
  6. Disturbo Istrionico: emotività eccessiva e ricerca di attenzione
  7. Disturbo Narcisistico: grandiosità, necessità di ammirazione e mancanza di empatia
  8. Disturbo Evitante: inibizione, sentimenti di inadeguatezza e ipersensibilità ai giudizi negativi
  9. Disturbo Dipendente: comportamento sottomesso legato ad un eccessivo bisogno di essere accuditi
  10. Disturbo Ossessivo-Compulsivo: preoccupazione per l’ordine, perfezionismo ed esigenze di controllo.

Talvolta può essere di maggiore aiuto per la persona una co-terapia in collaborazione con un collega.

Difficoltà di relazione

Le difficoltà di relazione influiscono sul benessere psicofisico, poiché il nostro mondo interiore ruota intorno alle relazioni affettive; esse sono infatti l’origine del modo di vederci, sentirci e dell’immagine che abbiamo di noi stessi; si ripercuotono quindi in tutti i contesti della vita.

Importanza delle relazioni affettive

Si comprende l’importanza che rivestono pensando per esempio alle diverse fasi dell’innamoramento o al contrario ai momenti di crisi di una relazione amorosa; nel primo caso ogni cosa può sembrare facile o superabile, mentre nel secondo possono subentrare stati di maggiore affaticabilità, irritabilità, depressione e di conseguenza minore concentrazione e minore facilità ad eseguire le consuete operazioni lavoro-studio.

In certi momenti si può aver difficoltà a trovare un partner o ci si stupisce che ci troviamo in tipologie di relazioni-storie che sono molto simili fra loro, imbattendoci magari nelle stesse difficoltà o errori che abbiamo sperimentato in passato.

Cambiamenti delle relazioni

E’ possibile altrimenti percepire che la relazione è cambiata (cosa è cambiato, chi è cambiato?), entrando in una fase di crisi, o può insorgere il desiderio di migliorare il nostro rapporto (ma come, e perché?). Si è caratterizzati da confusione che impedisce di vedere chiaramente ciò che desideriamo. Spesso il disagio non è solo del singolo ma della coppia.

Disturbi sessuali

“La sessualità è data dalla integrazione di aspetti somatici, fisici, intellettuali e sociali dell’uomo, arricchisce la personalità e la comunicazione dell’amore” (OMS). Si comprende come la sessualità ricopre un ruolo importante per il benessere globale della persona.

Disturbi sessuali

I disturbi sessuali possono essere determinati da difficoltà psicologiche che ostacolano il rapporto, che è vissuto come “evento problematico”. Tali difficoltà sono spesso accompagnate da emozioni negative quali per esempio vergogna, sensi di colpa, ansia, rabbia, ansia da prestazione, scarsa autostima. Questi vissuti emotivi contribuiscono a impedire o a rendere spiacevole l’esperienza erotica. Ne derivano frustrazione e stress che condizionano negativamente la relazione con il partner in termini di crisi di coppia.

Fasi del rapporto sessuale

I disturbi sessuali possono riguardare tutte le fasi del rapporto, quali:

  1. desiderio: disturbo da desiderio ipoattivo, avversione sessuale;
  2. eccitazione: disturbo dell’erezione nell’uomo e dell’eccitamento sessuale nella donna;
  3. orgasmo: eiaculazione precoce nell’uomo, anorgasmia o frigidità nella donna;
  4. risoluzione: disturbi da dolore sessuale.

Può rendersi utile collaborare con altre figure professionali, poiché i disturbi sessuali possono avere origine organico o endocrino-andrologico.

Ansia

E’ uno stato soggettivo determinato da fattori cognitivi, emotivi e somatici e che si manifesta sotto forma di paura.

E’ una reazione fisiologica e adattativa che fa parte della natura umana, ma che può diventare eccessiva al punto di influenzare la consueta vita quotidiana o di ostacolare il raggiungimento dei nostri obiettivi.

Ansia sana

Si parla di ansia sana che comporta l’attivazione di comportamenti e risorse per la ricerca delle migliori soluzioni per fronteggiare le difficoltà. Può per esempio essere presente quando precede una prova di valutazione cui si è sottoposti o in quelle situazione in cui ci si trova a fare qualcosa per la prima volta. E’ possibile quindi avvertire normali attivazioni somatiche, quali per esempio l’aumento dell’agitazione psicomotoria con sudorazione, tachicardia, tensione muscolare, ecc…

Disturbo d’ansia

L’ansia diventa invece disturbante nel momento in cui persiste nel tempo, sfuggendo dal controllo, determinando eccessivo disagio e ostacolando o compromettendo lo svolgimento delle attività routinarie della vita di tutti i giorni. Può essere per esempio che impedisca di uscire di casa o di allontanarsi da soli, che esista il timore di non farcela o il bisogno di dovere tener tutto sotto controllo.

Si associa spesso a ripercussioni somatiche che possono essere interpretate come malesseri fisici, (tachicardia, vampate di caldo, vertigini o giramenti di testa) in un momento in cui il soggetto prova una sensazione di pericolo o minaccia cui non sa come rispondere.

Sono frequenti quindi le emozioni di frustrazione, depressione o rabbia verso sé stessi, anche per la sensazione di essere diversi dagli altri, con la tendenza all’isolamento o chiusura dalle relazioni di tutti i giorni.

Può essere indicativa anche la collaborazione con un medico psichiatra per un  eventuale supporto farmacologico.

L’ansia può esprimersi sotto forma di attacco di panico

Ossessioni

Il disturbo Ossessivo-Compulsivo è un disturbo d’ansia che influenza il pensiero (ossessioni) e il comportamento (compulsioni)

Ossessioni

Le ossessioni sono atti mentali quali pensieri, idee, immagini e impulsi che sono vissute dal soggetto come particolarmente intrusivi, che sfuggono al suo controllo e si discostano dal pensiero “normale”. Sono  pensieri che attivano forti preoccupazioni e che si impongono in modo costante, nonostante la persona cerchi di non prestare attenzione ignorandoli o annullandoli con altri pensieri o azioni (compulsioni).

Può essere per esempio che il soggetto attui meccanismi di pensiero o comportamenti di controllo con l’obbiettivo di neutralizzare la preoccupazione, ma con un conseguente dispendio di tempo ed energie (es. controllare continuamente di aver chiuso la porta o il fornello del gas, ecc. ….).

Le ossessioni che si riscontrano con maggiore frequenza sono:

  1. bisogno di mantenere le cose sempre in un certo ordine
  2. dubbi continui, che portano a controllare più volte se è stato eseguita correttamente una certa azione;
  3. pensieri di contaminazione conseguenti al contatto con qualcosa o qualcuno
  4. fantasie sessuali (per es. ricorrenti immagini pornografiche)
  5. impulsi aggressivi (per es., aggredire qualche caro, o gridare oscenità in chiesa)
  6. ricerca esagerata della perfezione

Compulsioni e rituali

Le compulsioni sono la “componente comportamentale” del disturbo, il cui fine è di allentare lo stato di ansia e malessere o di prevenire qualcosa di temuto. Possono manifestarsi sotto forma di comportamenti ripetitivi, o sotto forma di azioni mentali .

Il soggetto attua quindi dei rituali che vengono ripetuti rigidamente, che richiedono tempo ed interferiscono con le attività quotidiane, condizionando  i rapporti con familiari, colleghi e amici. I rituali più frequenti sono per esempio contare, controllare, ordinare, lavarsi-pulire,  richiedere o pretendere rassicurazioni, mettere in ordine, ripetere continuamente dei ritornelli, pregare.

Pur accorgendosi di comportarsi in modo inadeguato, la persona non riesce a fare meno dei propri rituali, che diventano l’unico modo per evitare il proprio disagio.

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